Ogni anno, quando si avvicina Natale, mi chiedo se sono pronta, se sento l’atmosfera natalizia come da bambina.
Le luci e gli alberi decorati e le canzoni di natale nei negozi, stanno producendo qualcosa, o intorpidiscono l’atmosfera?
E ogni anno, prima ancora di rispondermi sinceramente, mi affretto a dire che sì: finalmente è Natale, e io lo sento tutto.
La cosa interessante è che dietro questa risposta affermativa, sento un obbligo: mi sento costretta a dirmi che l’arrivo del Natale è positivo perché l'occasione è troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Il desiderio di farmi coinvolgere dall'atmosfera natalizia, infatti, non si limita ad un periodo gioioso e speciale, ma è legato a doppio filo con il tentativo di rivivere il Natale della mia infanzia.
Mi sono accorta che la tendenza di voler per forza ricreare l'atmosfera natalizia che vivevamo da bambini non è una cosa solo mia, ma è molto diffusa: dall'albero fatto a novembre, alle decorazioni estreme e sognanti, alle proiezioni massicce di Mamma, ho perso l’aereo, gli esempi che dimostrano la tensione costante verso il Natale della nostra infanzia sono vari, non solo dal punto di vista dei singoli, ma anche - e soprattutto - da quello di brand che mettono in atto il cosiddetto marketing della nostalgia.
Inizio a pensare che il marketing della nostalgia non funzioni. O meglio: funziona a breve termine, magari, ma a lungo andare si rivela inefficace.
Il marketing della nostalgia, infatti, attraverso l'acquisto di un prodotto o di un servizio, promette di restituire anche il contesto che circonda il prodotto acquistato.
Questa promessa, però, è destinata ad infrangersi sul muro delle possibilità, perché il tempo è passato e non si può tornare indietro.
La cosa magica del Natale da piccoli, consisteva nella passività che appartiene ai piccoli, appunto. I bimbi, infatti, vivono solo le cose belle del Natale: i regali, le vacanze da scuola, la famiglia tutta per sé durante le vacanze. Niente corsa ai regali, niente deadline, niente bilanci dell’anno passato, niente buoni propositi per quello nuovo.
Quella spensieratezza e quella gioia sono irrecuperabili.
Attenzione: non dico che sia impossibile ritrovare spensieratezza e gioia a Natale, anzi, in un certo senso le feste da adulti possono essere addirittura più appaganti; ma quella gioia e quella spensieratezza sono perse. Non c’è prodotto che possiamo comprare, film che possiamo vedere, canzone che possiamo ascoltare per tornare là, dove ci viene promesso di essere portati.
Partendo da questi presupposti, penso sia arrivato il momento di entrare nel vivo: il Natale, oggi, è kitsch.
Se stai pensando ai candelabri a forma di delfino o alle gondole glitterate che tua zia Assunta teneva con orgoglio sulla libreria, allora padroneggi perfettamente il significato comune di kitsch. Quando si parla di kitsch, infatti, si intende di solito il cattivo gusto inconsapevole, vedi appunto gli oggetti “decorativi” che tutti abbiamo in mente.
Kitsch, inteso come concetto, però, è molto più interessante di così.
Il termine è di origine tedesca e inizia a diffondersi nell’800 per indicare i prodotti – tipici della cultura di massa – nati con grandi pretese estetiche e artistiche ma di basso pregio, realizzati con materiali di scarsa qualità, per imitazione o addirittura falsificazione.
Il kitsch rappresenta una vera e propria categoria estetica e si identifica come anti-arte poiché si muove in maniera opposta alla creazione di un’opera d’arte: senza originalità, senza pensiero senza qualità.
Premessa: il 25 dicembre, o giù di lì, è una data stratificata. Nel corso del tempo Natale ha avuto significati molto diversi; qui, con la parola Natale, si intende il significato collettivo delle feste, senza connotazione religiosa o spirituale, il Natale influenzato dal consumismo che l’ha reso così popolare.
Già da qui si capisce che quello che ci interessa per questa considerazione non è tanto una definizione degli oggetti kitsch, quanto un’analisi del suo atteggiamento: il kitsch svuota di significato il proprio oggetto; come? esasperandolo!
Attraverso la riproposta continua di uno stesso oggetto, questo infatti perde di significato. Hai presente quando ripeti una parola tante volte e poi ti sembra che non voglia dire più niente? ecco, con il Natale è successa la stessa cosa.
Suona qualche campanello?